Inverno

21/02/2013

Mi ha segnata, la sua vita:
l’umore, la salute.
Mi ha segnata, in qualche modo, in ogni modo

Un inverno ancor fresco di velo bianco
ci muore addosso;
giace sulle nostre spalle
la salita faticosa di gambe
traballanti
su morbidezza di neve
e l’asfalto ghiacciato
e le mani incastrate, legate
e gli occhi semichiusi
davanti ad una luce
che abbaglia e sta.
Chiederti perché rimani,
chiederti il perché di certi fiori
appassiti;
sotto la neve, anime stanche;
sotto la neve, cuori pesanti.
Annegare nella foschia di un
mattino cieco
ma vederti sempre, come ombra
onnipresente.
Aspettare la stagione nuova,
aspettarla fremendo nei corpi vicini
scaldarsi le mani e le pance piatte
di digiuni malati o costretti;
in attesa di una più sana libertà
che smetta di esistere adesso
come masso che sbriciola;
desista ora ogni timore e paura,
sotto i tuoi occhi voglio proteggermi e
sopra baciarli,
fra le ossa stringerti, nei fianchi
amarti;
sfatti fra lenzuola sbiadite di lavaggi
voglio guardarti gli occhi e succhiarti le labbra,
sentire con le mani la materia del tuo viso,
fondere la mia energia e la tua insieme.
Volto illuminato di luce magica,
mistica,
anche al riflesso opaco di cieli tortora.
Cieli tersi fra i capelli e la brina,
rugiada dolce su erba come diamanti.
Non smettere di colorarmi i ‘futuri semplici’
di indaco e pastelli chiari;
oltre i tetti delle case e gli edifici
recita l’orizzonte a tingersi di porpora:
si apre un pomeriggio di sole malato,
ma vivi siamo noi
e tale lo renderemo.